31/10/14

Wren Lewis: Perchè l’Eurozona ha un Problema Tedesco

Su Mainly Macro Simon Wren Lewis conferma che il problema europeo non è un problema di stati spendaccioni o di mancate riforme strutturali in tutti i paesi tranne che in Germania. Al contrario, è un problema di repressione dei salari nella sola Germania che ha spiazzato tutti gli altri. Purtroppo molti continuano a vedere la Germania come un modello da seguire invece di risentirsi per quanto accaduto e pretendere una riparazione, come sarebbe giusto fare.

di Simon Wren Lewis, 26 Ottobre 2014

Quando, quasi un anno fa, Paul Krugman fece 6 interventi nel giro di 3 giorni che insistevano sulla posizione della Germania riguardo ai problemi macroeconomici dell’eurozona, perfino io pensai che forse stava un po’ esagerando, anche se non c’era nulla in quello che scriveva su cui non fossi d’accordo. Ma visto che la posizione tedesca si è dimostrata intransigente nei confronti dei continui problemi europei, mi sono ritrovato a fare la stessa cosa qualche mese fa (1, 2, 3, 4, 5, 6), anche se a un ritmo un po' più lento. Ora sembra che tutto il mondo (a parte la Germania ovviamente) dica la stessa cosa: ecco un esempio particolarmente chiaro da Matt O’Brien.

 

Qui non discuterò la macroeconomia, la darò per scontata:


1)    La politica monetaria della BCE è stata decisamente troppo timida dall’inizio della Grande Recessione, in parte a causa dell’influenza dei suoi membri tedeschi.

2)    Ciò, unito all’austerità, ha portato alla seconda recessione europea, e l’austerità continua a essere una palla al piede per la domanda aggregata. Il principale sostenitore dell’austerità è la Germania. 

3)    Praticamente chiunque fuori dalla Germania concorda sul fatto che uno stimolo fiscale nell’eurozona, sotto forma di investimenti pubblici, con un Quantitative Easing (QE) sotto forma di acquisti di debito pubblico da parte della BCE, siano necessari per agevolare una rapida fine di questa seconda recessione (vendere, ad esempio, Guntram Wolff), e il principale ostacolo è il governo tedesco.

La domanda che voglio porre è perché la Germania abbia così successo nel bloccare o rimandare queste misure. A prima vista la risposta è ovvia: la Germania è l’economia dominante dell’eurozona. Ma è troppo facile: il PIL tedesco è meno di un terzo di quello dell’eurozona, mentre quello combinato di Francia, Italia e Spagna è quasi la metà. Può essere che in passato queste tre nazioni non siano riuscite a coordinarsi a sufficienza per opporsi alla Germania, in parte perché la Francia ci tiene molto al rapporto bilaterale franco-tedesco. Ma oggi questo problema non sembra esserci.

 
Il mistero rimane finchè continuiamo a considerare queste dispute come questioni di interesse nazionale, anzichè come una battaglia sulle idee. La Germania è in pratica l'unica nell’eurozona a non registrare un grande differenziale negativo tra prodotto effettivo e potenziale, e ad avere una bassa disoccupazione. Perciò, potreste sostenere, non è nell’interesse tedesco permettere all’eurozona di espandere la propria domanda, e di aumentare l’inflazione. Ma la Germania ha ottenuto questa posizione perché ha spiazzato i suoi partner dell’eurozona moderando i propri salari prima del 2007. Se i discorsi politici fossero governati dalla macroeconomia di base, ci sarebbe da aspettarsi da parte di tutti gli altri paesi un grande risentimento per quanto accaduto, e che chiedessero alla Germania di sistemare le cose ripristinando la competitività relativa attraverso una maggiore inflazione.


Queste ultime due affermazioni contengono la chiave del mistero. Anche se quasi tutti riconoscono i problemi di competitività interni all’eurozona, quasi nessuno dice che tali problemi sono stati causati dalla politica tedesca. Al contrario, come suggerisce Edward Hughes ad esempio, pensano che “il costo del lavoro tedesco è basso non perché i tedeschi non sono pagati molto, ma perché sono molto produttivi, e alla fin dei conti, nonostante tutte le lamentele sulle partite correnti, questo è il modello di cui gli altri membri dell’eurozona (inclusa la Francia) non solo hanno bisogno, ma sono costretti a seguire: alti salari e alta produttività”. Sospetto che molti sarebbero d’accordo con questo ragionamento.

Purtroppo esso non coglie la realtà. Le differenze internazionali di produttività si verificano per molte ragioni, e cambiano con lentezza. I problemi attuali dell’eurozona derivano dal fatto che una nazione – la Germania – ha permesso una crescita dei propri salari nominali molto al di sotto della media del resto dell’eurozona, cosa che ha spiazzato tutti gli altri. (Questo post mostra come la crescita reale dei salari tedeschi sia stata ben al di sotto della crescita della produttività in ciascun anno tra il 2000 e il 2007). All’interno di un’unione monetaria, questa è una politica di "beggar thy neighbour" (fregare i propri partner, ndt)


In altre parole, come suggerisce Simon Tilford, la Germania è vista da molti nell’eurozona come un modello da seguire, anziché come la fonte dei propri attuali problemi (egli suggerisce anche, plausibilmente, che l’influenza tedesca subito dopo il 2010 è stata un riflesso della sua posizione di creditore, ma sostiene che l’importanza di questo fattore ora dovrebbe essere in diminuzione). Naturalmente in termini generali la Germania può avere molte caratteristiche che gli altri paesi a ragione dovrebbero voler emulare, come gli alti livelli di produttività, ma il motivo per cui i suoi interessi nazionali non sono allineati con quelli degli altri partner dell’eurozona è perché tra il 2000 e il 2007 la sua inflazione è stata troppo bassa. Questo di per sé non è una virtù (a prescindere dai motivi giusti o sbagliati che l’hanno causata), e quindi se solo avessero un po’ di senno gli altri membri dell’unione dovrebbero essere molto critici nei confronti della posizione tedesca.


Penso che l’attuale problema dell’eurozona acquisti più senso se ci focalizziamo meno sugli interessi nazionali divergenti e ci concentriamo invece sui punti di vista macroeconomici. La prospettiva tedesca, che vede il problema dell'eurozona in termini di governi spendaccioni e mancanza di “riforme strutturali” al di fuori della Germania, è totalmente inadatta a comprendere l’attuale posizione dell’eurozona. Ciò nonostante è un punto di vista condiviso anche da troppe persone all'esterno della Germania.


Le cose stanno ora cambiando. Come chiarisce questo report della Reuters, le relazioni tra Draghi e la Bundesbank si sono costantemente deteriorate, visto che Draghi inizia a capire la realtà macroeconomica (anche se ho ancora dubbi sull’attuale posizione della BCE, espressi chiaramente in questo discorso di Benoît Cœuré, essa è molto più sensata di qualsiasi cosa venga dalla Bundesbank o dal governo tedesco). Sì, come nota Tilford, non è ancora chiaro se questo significherà un cambiamento significativo delle attuali politiche, o solo qualche piccolo aggiustamento come abbiamo visto finora.


Il tutto potrebbe dipendere dalla posizione di paesi come l’Olanda. Essi hanno sofferto tanto quanto la Francia a seguire le regole fiscali dell’eurozona  per implementare una dannosa contrazione fiscale. Come notano Giulio Mazzolini e Ashoka Mody “per l’Olanda […] meno austerità sarebbe stato sicuramente meglio”. Ma fino ad ora, i politici olandesi (e la banca centrale) sembrano seguire la linea tedesca: questa medicina è per il loro bene.Se riusciranno ad ammettere i propri errori e sostenere una sorta di “grande accordo” che preveda espansione fiscale anziché austerità in tutta l’eurozona, e un vero programma di QE da parte della BCE, allora forse si potrà fare qualche vero passo avanti. Alla fine questo non è il problema tedesco dell’eurozona, ma un problema creato dalla visione macroeconomica che i politici tedeschi hanno deciso di sposare.

(Traduzione di Malachia Paperoga)

21 commenti:

  1. 8 settembre 1943
    qualcuno avvisi la direzione del Pd che la rete è colma di qs riflessioni, che causa impostazione "non accetta riflessioni antitedesche" biffata sui loro pc non sono a loro visibili.....a parte gli scherzi, basterebbe chiedere a Fassina lumi sulla politica mercantilista tedesca

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  2. nulla di nuovo sotto il sole....i piddini continuano a dormire mentre tutto crolla

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  3. In italia sta governando il nulla assoluto.
    Un manibolo di squlibrati mentali.
    Il fatto più sconvolgente che è ancora lì al 40%


    Berlusconi aveva pienamente ragione:

    "la sinistra porta morte, povertà è miseria"

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  4. Un articolo che conferma semmai come le cause della crisi ancora non siano chiare. Per noi italiani il problema principale si chiama insufficiente domanda interna e non di esportazioni che invece sono cresciute costantemente tanto che se lo stesso tasso di incremento fosse stato conseguito dalle vendite interne oggi parleremmo d'altro. E cosa ha causato questo crollo della domanda interna? Non certo la crescita dei salari nominali che, stando a quanto scrive sia l'autore del presente articolo che molti altri, è stata maggiore di quella in Germania quindi avremmo dovuto assistere a conseguenze opposte a quelle verificatesi: una crisi da domanda interna da loro e una crescita, magari lenta ma pur sempre una crescita, da noi. Invece si è verificato l'opposto, la spesa per consumi delle famiglie in Germania è cresciuta costantemente anche se a ritmi poco sostenuti mentre da noi è andata sempre più calando. Va poi considerato che la politica salariale tedesca ha una precisa ragione: loro hanno compreso prima di noi e di altri le conseguenze non tanto dell'introduzione dell'euro ma del crollo delle barriere ideologiche e politiche nella parte orientale (rispetto a noi) del globo. La disintegrazione del blocco sovietico ha comportato due facce della stessa medaglia: nuovi mercati da conquistare ma anche da approfittare per i bassi livelli salariali. Molte imprese tedesche subito dopo l'unificazione delle due Germanie hanno investito non solo nei Länder ex DDR ma anche nei Paesi confinanti, Polonia e Romania in primis. Nei primi anni 2000 i sindacati hanno compreso che onde evitare una delocalizzazione di massa con conseguente perdita di molti posti di lavoro occorreva un compromesso con le imprese: attenuare la crescita dei salari visto che il costo del lavoro era (e lo è ancora oggi) tra i più elevati al mondo, in particolare rispetto ai grandi concorrenti come Stati Uniti, Giappone e oggi anche Cina. Altro che "beggar thy neighbor", qui era in gioco il posto di lavoro di milioni di persone, quello che stiamo osservando qui oggi con il trasferimento all'estero di produzioni da parte di molte aziende a prescindere dal bilancio. Il sindacato quindi ha accettato delle riforme che non sono state indolori e prive di critiche, riforme che hanno avuto come oggetto la decentralizzazione degli accordi salariali, di una crescita degli stessi inferiore alla produttività onde ridurre il costo del lavoro su quello totale di prodotto pur mantenendo costante il potere di acquisto facendo crescere i salari nominali al pari dell'inflazione, inflazione che con opportune politiche è stata mantenuta a livelli molto bassi.
    Definire poi quella tedesca una economia mercantilista è del tutto privo di fondamento, non si può considerarla tale solo perchè hanno un notevole surplus commerciale dato che sono uno dei mercati più aperti al mondo e che oggi registra un valore di importazioni di oltre 800 miliardi di euro.
    Quanto alla politica dell'austerità credo sia sotto gli occhi di tutti che noi italiani abbiamo una macchina pubblica che costa più di quella di altri Paesi (non solo di quella tedesca) ma in cambio restituisce servizi non corrispondenti. La Francia ad esempio ha una spesa pubblica superiore ma i servizi che offre ai cittadini sono di ben altra portata. Credo che si debba tenere presente che a più deficit corrisponde una maggiore richiesta di prestiti e quindi di interessi da pagare, interessi che oggi 'costano' ben oltre 4 punti di PIL, non è abbastanza? Che quello tedesco sia o meno un modello da seguire si può discutere, che ci possiamo permettere questo sistema inefficiente e di sprechi oltre che di corruzione e di evasione che comporta una scarsa produttività no. Se non comprendiamo questo e proseguiamo nel tentativo di trovare capri espiatori a responsabilità che sono solo nostre sarà impresa ardua uscirne.

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    1. Egregio signore, forse la causa della crisi non sarà chiara per lei. Le consiglio di studiare consapevolmente questo blog : http://goofynomics.blogspot.it in particolare iniziando da qui : http://goofynomics.blogspot.it/p/blog-page_18.html.
      Saluti

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    2. Conosco la posizione e gli argomenti espressi dal prof.Bagnai nel suo blog. Peccato che il professore non sia disponibile a confrontarsi con chi ha dei dubbi circa le sue argomentazioni, soprattutto quando si muovono obiezioni su dati esposti.

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    3. Il problema è che quelli non sono gli argomenti del prof. Bagnai ma gli argomenti di alcuni eminenti economisti internazionali fra cui alcuni premi nobel nonché le argomentazioni di molti testi di macroeconomia. Se poi lei ha un problema con il prof. Bagnai, questi sono fondamentalmente problemi suoi.
      Saluti

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    4. Non ho alcun problema con il prof. Bagnai e credo nemmeno lui nei miei confronti. Semplicemente non è disponibile al confronto e per quanto mi riguarda non è un problema.
      Quanto alla macroeconomia di teorie ce ne sono diverse così come sono diverse le posizioni di economisti che si sono visti aggiudicare negli anni un premio Nobel. Vedersi aggiudicato un Nobel non significa essere più preparati di altri in economia o avere la ricetta corretta ad una crisi perché non è conseguito a seguito di esami ma a fronte di specifici contributi allo studio di una branca dell'economia. Il Nobel lo hanno ricevuto anche Friedrich von Hayek, Milton Friedman e un certo Trygve Haavelmo, un economista norvegese oggi semi-sconosciuto ai non addetti che però ha elaborato la teoria che prende il suo nome, anche conosciuta come Teoria del Pareggio di Bilancio, ovvero quella teoria seguita sostanzialmente dalla UE, Germania in testa. Non so se il prof. Bagnai ne abbia mai parlato.

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    5. Piccolo appunto su Haavelmo, il quale non sosteneva certo il pareggio di bilancio come noi oggi lo conosciamo inteso come riduzione del peso dello stato nell'economia per lasciar spazio al mercato e conseguente abbandono della politica fiscale.
      Haavelmo ha solo sostenuto che è possibile per lo stato fare politica fiscale redistributiva - con spesa pubblica di tipo sociale rivolta ai meno abbienti - senza incorrere in deficit di bilancio ma pareggiando questa spesa con un aumento della tassazione a carico dei redditi più alti. Benché le spese si compensino con le entrate, l'effetto è ciononostante espansivo perché la propensione al consumo dei redditi più alti è scarsa, e con la tassazione si sottraggono solo redditi all'impiego finanziario che non produce ricchezza. Figurati te...

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    6. Ti devo correggere su entrambe le affermazioni. I trattati europei vincolano sostanzialmente al pareggio di bilancio ma lasciano libertà ai singoli Stati di decidere quanta spesa pubblica effettuare e la sua composizione. L'importante è che alla fine il bilancio strutturale sia in pareggio. Il taglio alla spesa pubblica si rende quindi necessaria allorquando non sia più possibile procedere con l'aumento delle entrate fiscali ma è una scelta dei singoli governi, la Commissione Europea può solamente suggerirli come misura ma non può imporli.
      Haavelmo non è mai sceso nel dettaglio di come ripartire le entrate, ha semplicemente sostenuto una teoria del bilancio a "zero" deficit.

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    7. Direi che il vincolo del pareggio "strutturale" è già un vincolo sufficiente ad ammazzare sul nascere la possibilità della politica fiscale anticiclica, senza bisogno che poi ci dicano come e dove esattamente tagliare... (nel senso che per queste precisazioni ci sono sempre le letterine confidenziali della BCE...)
      Su Haavelmo: gli effetti di una spesa pubblica addizionale sono maggiori degli effetti recessivi delle nuove tasse proprio perché mentre la spesa pubblica va ad aggiungersi in toto alla domanda globale, le nuove tasse riducono sia consumo che risparmio...da qui a dire che è proprio il ricorso al risparmio per finanziare le nuove tasse che bilancia parzialmente la recessione d'origine fiscale, il passo è breve... ovvero, le conseguenze di Haavelmo.

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  5. Le esportazioni italiane cresciute costantemente? Uhmm..se mettiamo da parte i 10 anni di crollo delle esportazioni e perdita di quote di mercato dall'introduzione dell'euro in poi da parte dell'Italia (e degli altri periferici) - 10 anni in cui lo squilibrio commerciale si è approfondito grazie all'assenza del normale meccanismo di riequilibrio del mercato che è il tasso di cambio - e vogliamo prendere in considerazione l'andamento a partire dal 2010, da allora è vero, l'export ha ripreso a crescere ed è la sola componente del Pil che si difende.
    Ma fino a che punto? A fine 2013 l'export non era ancora tornato ai volumi pre-crisi e il miglioramento della bilancia commerciale è dovuto in gran parte al peggioramento della domanda interna che ha fatto crollare le importazioni.
    C'è anche da considerare che le imprese rimaste (circa un quarto della produzione industriale è andata perduta in questa crisi dell'eurozona) probabilmente si buttano sull'export perché è l'unica componente ancora viva della domanda (principalmente extra-UE) e per farlo devono comprimere al massimo i costi e quindi con dei profitti molto relativi.
    Semplicemente non trovo logico sostenere in base a questi dati che i nostri problemi non sono causati dall'euro. Solo perché le nostre esportazioni hanno visto questo tipo di ripresa?
    Ma poi, a cosa ci servirebbe l'euro, se ci costringe a riequilibrare i conti con l'estero creando disoccupazione e distruggendo la domanda interna?
    Ci rendiamo conto che sopprimere il cambio ci rende impossibile fare politiche anticicliche in fase di recessione, altrimenti ripartono gli squilibri commerciali e si rimanda in crisi la moneta unica?
    Ma soprattutto, a cosa ci serve mantenere una moneta unica con la Germania che avrà anche fatto bene a fare i suoi interessi e le sue politiche di crescita guidata dalle esportazioni - ma nelle sue politiche economiche non si è coordinata con i partner e li spiazza con una concorrenza che nei fatti risulta sleale?
    Sulle inefficienze e gli sprechi dell'Italia, poi, non c'è dubbio che ce ne siano, anche se i dati ci dicono guarda un po' che abbiamo una spesa primaria inferiore a quella dei maggiori partner europei. Vogliamo magari parlare anche dei nostri contributi netti agli sprechi della UE?
    Ma infine basta con questa storia che non vogliamo prendere atto delle nostre colpe e gettare le responsabilità sugli altri! Qui si tratta solo di difendersi da delle inutili regole capestro che stanno soffocando la nostra economia e distruggendo il paese. Forse sarebbe meglio di smetterla invece con questa autodenigrazione e questa supina accondiscendenza alle regole imposte dall'alto chiaramente contro i nostri interessi nazionali.

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    1. Non capisco quali dati hai preso, di sicuro non quelli ufficiali. Nel 2001 le esportazioni italiane sono state di 273 miliardi e nel 2008 hanno toccato i 369 mld, quindi un +35% in 7 anni che significa un incremento medio annuo ponderato del 4,4%. Nel 2009 c'è stato il calo dovuto alla crisi (291 mld) e dal 2010 hanno ripreso a crescere per attestarsi nel 2013 a circa 390 mld.
      Nel 2003 l'Italia era il 7° esportatore al mondo, nel 2013 siamo scesi al 9° posto superati da Corea del Sud e Russia.
      Non rilevo quindi crisi negli scambi internazionali, anzi al contrario un andamento soddisfacente.
      Circa le cause della debolezza della nostra economia consiglio la lettura del Rapporto Annuale 2014 dell'Istat. A pag.19 c'è un capitolo interessante che tratta della "riduzione del potere di acquisto delle famiglie" e due pagine successive un grafico che mostra il confronto con altre economie.
      L'euro c'entra poco così come le regole di bilancio europee visto che sono state quasi sempre disattese.

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    2. Parole della Commissione UE:

      "Dall’adozione dell’euro l’Italia è soggetta a una forte erosione della sua quota del mercato delle esportazioni.
      Tra il 1999 e il 2010 il volume delle esportazioni italiane è aumentato in media del 2% all’anno, una percentuale nettamente inferiore alla crescita annuale media del 4,2% registrata per l’intera zona euro (Grafico3.2.). Questo mediocre andamento delle esportazioni ha determinato una perdita della quota del mercato delle esportazioni superiore all’erosione della quota di mercato
      registrata da altri paesi europei."

      L'andamento dell'export non si misura in valori assoluti ma come dinamica, quindi come perdita di quote di mercato rispetto ai concorrenti.

      Le partite correnti nel loro insieme, poi, sono andate calando vistosamente dal '99 in poi. I miglioramenti del saldo dal 2010, a detta della stessa commisione, sono dovuti in gran parte al calo delle importazioni dovuto alla domanda interna depressa....

      Una festa, insomma, da quando c'è l'euro...possibile che nessuno se ne accorga?

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    3. Carmen, hai una pazienza infinita!

      "L'euro c'entra poco così come le regole di bilancio europee visto che sono state quasi sempre disattese."

      Questo è l'ennesimo piddino che scrive senza conoscere nulla di quello che scrive. L'ennesimo piddino rintronato dalla televisione. E mi fermo qui per rispetto del tuo sito.

      Fino a due anni fa mi facevano molta rabbia, adesso, superata quella fase, mi fanno solo pena.... molta pena.

      Ps. Anche io, come molti, sono stato piddino.. poi mi sono fatto il mazzo per cercare di capire.
      Nel 2014 (ormai 2015), dopo 6 (ormai 7) anni di crisi, non si può più essere giustificabili, in nessun modo.

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    4. Alessandro..già! e proprio perché la mia pazienza apparentemente infinita ha un limite, ho tralasciato di puntualizzare sulla disgrazia di non aver (quasi mai) disatteso le regole europee...! Bel risultato!

      (Mi sa Maurizio che ...)

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    5. Allora Carmen approfitto della tua (quasi) infinita pazienza per farti notare che l'analisi della Commissione contiene un errore concettuale di fondo, ovvero per stabilire la perdita o il guadagno di quote di mercato l'analisi va svolta per categoria merceologica e non mescolando non tanto mele con pere, che sempre di frutta si tratta, ma mele con lampadine. Per chi volesse approfondire consiglio di prendere i dati ISTAT del commercio estero settorializzato e tramite un diagramma di Pareto prelevare quelle categorie che danno almeno il 70% del volume di export, quindi analizzare quei settori e vedere la dinamica delle quote italiane nel tempo. Vedrete che i risultati saranno ben diversi da quelli che risultano dai dati complessivi!
      Quanto a ciò che ha scritto Alessandro temo che io non sia l'unico che non è convinto dei vantaggi che deriverebbero dal ritorno alla lira (o comunque ad una moneta nazionale). E nemmeno è una questione di 'piddini', perché pure coloro che da questa soluzione dovrebbero trarre i vantaggi direttamente ne sono convinti, ovvero le imprese. Questa è una breve ma significativa spiegazione del loro punto di vista: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-07-14/centro-studi-confindustria-unuscita-111806.shtml?uuid=Abm82i7F dove si spiega che mentre alcuni economisti insistono nell'affermare la loro tesi richiamando esperienze del passato, chi fa impresa sa più di ogni altro che il contesto non è più quello di prima e che è cambiato notevolmente. OMSA non ha delocalizzato in Serbia per una questione di cambi, ma perchè li trova un costo del lavoro decisamente inferiore, tasse più basse e burocrazia meno pressante, costi dell'energia più convenienti come quelli dei servizi. Fiat non vende poco in Cina (nonostante recenti risultati apprezzabili) per l'euro visto che i modelli in commercio li fabbrica in loco (Fiat Viaggio e Fiat Ottimo) e una buona parte dei modelli conosciuti e per altri mercati li produce in Polonia o altrove. La siderurgia non è in crisi per l'euro e il fatto che quella italiana è passata in mani straniere in breve tempo è per altri motivi.
      Concludendo la parentesi politica introdotta da Alessandro direi che a giudicare dai risultati delle ultime elezioni europee non tanto i 'piddini' non hanno colto le tesi pro-lira ma nemmeno coloro che hanno votato per chi l'ha sostenuta a gran voce visto che ai due principali esponenti, Claudio Borghi e Francesca Donato, i votanti della Lega hanno preferito altri, compreso Flavio Tosi che seppur candidato si sapeva sin dall'inizio che a Bruxelles non sarebbe andato.
      La parentesi politica da parte mia si chiude qui, io preferisco concentrarmi su temi economici e se qualcuno avesse argomenti convincenti a favore di un ritorno alle origini non avrei alcuna difficoltà ad appoggiarlo.

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    6. Molto brevemente:
      nessun errore concettuale di fondo: l'analisi merceologica settore per settore può mostrare differenze anche rilevanti tra un settore e l'altro ma nulla toglie al dato macroeconico complessivo che è quello che determina l'andamento dell'economia del paese.
      Se mi dici che chi delocalizza lo f per una questione di costo del lavoro e non di cambio, ti ricordo che la rigidità del cambio comporta la necessità di svalutare i salari...e quindi torniamo a bomba.
      Sulla politica, ho solo da dire che l'esercizio della democrazia non può purtroppo prescindere da una corretta informazione dei cittadini, cosa che è di molto di molto carente. Ecco perché...

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  6. No no la Germania non è mercantilista.

    Vogliamo parlare delle busterelle piene die € date a Ecclestone da una Landesbank tedesca. E' qui si spiega anche perchè le piste die F1 negli ultimi 10 anni sono esplose è perchè l'archititto era sempre lo stesso, un tedesco.

    Vogliamo parlare dei campionati mondiali di calcio del 2022 nel Katar, dove prima del assegnazione ci sono stati diversi contatti tra rapresentanti tedesci (tra i quali molti industriali) è del Katar ad altissimo livello,
    Perchè Beckenbauer prima della votazione sui CM 22 fece pressione alla FIFA per assegnare i CM 22 al Katar ?
    Come mai un architetto tedesco a ricevuto l'appalto per la costruzione di una città intera nel Katar nel valore di 46 Mrd. Non crederà mica che italiani o francesi non siano in grado di costruire piste di F1 o delle città.

    Parliamo della Springer Presse tedesca che ha comprato riviste automobilistice di mezza europa è da i prodotti francesi è specialmente italiani vengono smerdati con un arroganza che fà venire il vomito. Dove spin doktor pagati della Sprnger Presse coi loro commenti ridicoli, negativi è arroganti sui prodotti francesi è italiani infestano i blog automobilistici di
    mezzo mondo.

    Vogliamo parlare dei think thank tedesci che hanno lanciato il "Frame" Deutschland muss Europa "FÜHREN", La Germania deve guidare un cazzo di niente, io NON voglio assolutamente essere guidato dai tedesci. La Germania non è nemmeno l'egemone del Europa, la Germania fà il bullo perchè i pirla italiani è francesi glielo permettono.

    Sa che agenti tedesci, pagati dallo stato tedesco, vanno negli USA a fare pubbicità per il modello tedesco è specialmente per i prodotti tedesci "superiori" come dicono loro ? Per fare questo vengono pagato think thanks americane vicino alla casa bianca.

    E' in italia si parla di mose è expo, su ste robette qui i tedesci al massimo si fanno una risattina.

    Vogliamo parlare dei 10 mio. dei precari tedesci con un salari tra i 4 è 8.5 €.
    Ma che cazzo è sta roba, se la Germania sta così bene perchè ha bisogno di questo esercito di precari, perchè i migrani tedesci in svizzera hanno ragiunto quelli italiani è non parliamo di austria è danimarca,

    L'unica cosa che deve fare l'italia è uscire dal euro farsi ridare i 60 mrd. del MES è i diversi mrd. pagati nel fondo europeo è poi farsi i cazzi propri. fine.



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  7. Quello che sta facendo la Germania nel EZ. si puo paragonare in un contesto un pò più piccolo a livello aziendale di quello che ha fatto Damler con Chrysler.

    Daimler ha spolpato è svuotato le casse di Chrysler è poi si tolta dai coglioni, lasciando indietro una carcassa, Chrysler.
    Solamente che il retourn of Investment non è tornato, avendo pagato Daimler 35 mrd. per Chrysler. Un azione completamente inutile è stupida.

    La Germania ha in giro per tutto l'EZ crediti altissimi, ed è tutt'altro che sicuro che quei crediti verranno restituiti. in caso di euro break - up, il vento girerà competamente.

    E' questo dovrebbe essere un Partner ? No grazie.

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  8. aggiungiamoci che affermare che la germania sia in forte crescita non è proprio corretto guardando i dati: fa meglio dei vicini europei sicuro ma non è certo in forte crescita nonostante l'enorme avanzo commerciale. evidentemente la compressione della loro domanda interna qualche lato negativo ce l'ha....

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