25/10/12

La dottrina della banca centrale alla luce della crisi

Un importante articolo di VOXEU di qualche anno fa che alla luce della crisi demolisce dalle fondamenta il mito dell'indipendenza della banca centrale: la politica monetaria non è un fatto tecnico, ma ha importanti implicazioni distributive, e quindi va controllata democraticamente.



di Axel Leijonhufvud, 13 maggio 2008
La Federal Reserve ha utilizzato strumenti non ortodossi di politica economica per ridurre le recenti turbolenze sui mercati finanziari. In questo articolo, l'autore del CEPR Policy Insight 23 sostiene che la crisi pone delle fondamentali domande sui principi basilari della moderna ortodossia monetaria - l'inflation targeting e l'indipendenza della banca centrale.





L'8 aprile di quest'anno, Paul Volcker ha parlato sulla crisi attuale all'Economic Club di New York. La Federal Reserve, ha osservato, si è mossa “agli estremi" della sua legittima autorità. "Per necessità", ha detto Volcker, "sono stati esercitati degli ampi poteri in un modo che non è né naturale né agevole per una banca centrale"1 . Si riferiva alla garanzia di 29 miliardi di dollari sugli asset di Bear Stearns che era stata estesa a JP Morgan e alla successiva offerta di uno swap di 100 miliardi di $ di titoli del Tesoro con attività illiquide delle banche. Il "salvataggio" di Bear Stearns aveva lo scopo di evitare una situazione di pericolo nel mercato dei derivati a rischio default, e l'operazione di swap cercava di riportare una certa liquidità nei mercati "congelati". Si è trattato veramente di misure non convenzionali, ma senza le quali la più tradizionale politica dei tassi di interesse presumibilmente non avrebbe avuto grandi effetti.

Probabilmente è una fortuna che la Fed avesse al timone l'allievo più illustre della generazione della Grande Depressione e, quindi, una persona in grado di percepire più o meno correttamente lo stato di "necessità". Come nel caso Giapponese, la lezione della depressione è che un collasso del credito non può essere velocemente invertito e che le sue conseguenze perdurano per un tempo molto lungo. E' anche vero, però, che fino a solo uno o due anni fa il presidente Ben Bernanke era un sostenitore dichiarato e coerente di una politica monetaria di stretto inflation targeting (controllo dell'inflazione, ndt), vale a dire, di una dottrina della banca centrale che richiedeva una concentrazione esclusiva sul mantenimento dei prezzi al consumo all'interno di un intervallo ristretto, senza attenzione ai prezzi degli asset, ai tassi di cambio, alla qualità del credito o (naturalmente) alla disoccupazione.

Bear Stearns, Northern Rock, e la Landesbank Sachsen sono le vittime istituzionali più conosciute della crisi attuale - fino ad ora. Ma il danno è, naturalmente, molto più ampio e un gran numero di amministratori delegati hanno dovuto andare ignominiosamente in pensione con solo un paio di milioni di dollari 2 a fare da cerotto sulla loro reputazione ferita. E' la regola del capitalismo efficiente, secondo cui si paga per i propri errori, ahimè!

Ci sono due aspetti del disastro generato dalla crisi attuale che fino ad ora non hanno attirato molta attenzione. Uno è la compromissione di quella che fino ad un anno fa era la dottrina largamente accettata della banca centrale. L'altro è il danno che ne è derivato alla teoria macroeconomica che ha sostenuto tale dottrina3. In questo articolo discuto due principi centrali della dottrina moderna della banca centrale – l'inflation targeting e l'indipendenza della banca centrale.

Inflation targeting

Cruciale nella dottrina della banca centrale era l'affermazione che la politica monetaria è fondamentalmente solo controllo del livello dei prezzi.4 Utilizzare il potere della banca sui valori nominali per cercare di manipolare le variabili reali, quali la produzione e l'occupazione, avrebbe sortito soltanto degli effetti transitori e nuociuto all'equilibrio. L'obiettivo della politica monetaria, quindi, non poteva che essere quello di stabilizzare il livello dei prezzi (o il suo tasso di variazione). Questo sarebbe stato più efficacemente realizzato tramite l'inflation targeting, una strategia adattativa che richiede che la banca risponda a qualsiasi deviazione dal target (
obiettivo) del livello dei prezzi, muovendo il tasso di interesse in senso opposto.

Negli Stati Uniti questa strategia è fallita. La Federal Reserve ha abbassato drasticamente il federal funds rate nel tentativo di contrastare gli effetti del crollo delle dot.com. In questo, la Fed ha avuto successo. Ma poi ha mantenuto il tasso ad un livello estremamente basso perché l'inflazione, misurata con diverse varianti del CPI, rimaneva bassa e costante. In un regime di inflation targeting questo è considerato un effetto che conferma che il tasso di interesse è "corretto". Nel caso di specie, tuttavia, i prezzi dei beni di consumo degli Stati Uniti erano stabilizzati dalla concorrenza delle importazioni e dalle politiche dei tassi di cambio dei paesi di origine di tali importazioni. La politica monetaria Americana era di gran lunga troppo espansiva e ha portato alla formazione di una seria bolla dei prezzi degli asset, soprattutto nel settore immobiliare, e a un associato generale peggioramento della qualità del credito. I problemi di oggi sono in gran parte dovuti al fallimento di questa politica.


Indipendenza

Un secondo principio era la dottrina dell'
indipendenza della banca centrale. Dal momento che utilizzare i poteri della banca per perseguire modifiche temporanee delle variabili reali era ritenuto disfunzionale, c'era la necessità di isolare la banca centrale dalle pressioni politiche. Questo principio si basava sulle idee gemelle che una politica di stabilizzazione dei valori nominali sarebbe stata politicamente neutrale e che questo avrebbe potuto essere raggiunto tramite l'inflation targeting. La politica monetaria quindi sarebbe stata una questione puramente tecnica e sarebbe stato meglio se i tecnici fossero stati messi in grado di svolgere il loro compito senza l'interferenza dei politici.

La Trasparenza della banca centrale era un lemma minore della dottrina. Se la politica monetaria è una questione puramente tecnica, non crea problemi se il pubblico è messo a conoscenza di quello che i tecnici stanno discutendo di fare. Al contrario, sarebbe stato un beneficio, in quanto avrebbe permesso al settore privato di formarsi delle aspettative più accurate e di pianificare in anticipo in modo più efficiente. Ma se le decisioni da prendere sono intrinsecamente politiche, nel senso che hanno inevitabili conseguenze redistributive, questa pubblicità delle deliberazioni può rendere quasi impossibile prendere decisioni in modo tempestivo.

Quando la politica monetaria comporta delle scelte di inflazionare o deflazionare, privilegiare i debitori o i creditori, di salvataggi selettivi di alcuni e non di altri, di consentire o impedire alle banche di colludere, nessun paese democratico può lasciare queste decisioni a tecnici non eletti.
La dottrina dell'indipendenza diventa impossibile da sostenere.

Consideriamo ad esempio due articoli che sono apparsi sul Wall Street Journal nelle ultime settimane. Uno, di John Makin (14 aprile), ha sostenuto che nella situazione attuale lasciare che i prezzi si aggiustino da sé trovando un proprio livello porterebbe ad una depressione disastrosa. La politica, quindi, dovrebbe essere quella di inflazionare in modo da stabilizzarli ad un livello più o meno vicino a quello attuale. Se la Fed dovesse riuscire in questo, potrebbe non trovare facile riprendere il controllo dell'inflazione una volta che l'avesse lasciata andare, tanto più che il sostegno al dollaro da parte degli altri paesi sarebbe almeno in parte sicuramente ritirato. Ma in ogni caso, le conseguenze distributive della proposta di Makin sono evidenti a tutti coloro che (come me) sono più o meno a reddito fisso. L'altro articolo, di Martin Feldstein (15 aprile), sostiene che la Fed stava già andando troppo lontano nel ridurre i tassi di interesse e nel corteggiare l'inflazione. Egli era a favore dei tentativi della Fed di scongelare i mercati bloccati e ripristinare la liquidità con i mezzi poco ortodossi menzionati da Volcker.

La prospettiva probabile per gli Stati Uniti in ogni caso è un periodo di stagflazione. La questione sarà quanta inflazione e quanta disoccupazione e stagnazione avremo. Nella misura in cui questo può essere determinato o almeno influenzato dalla politica, le scelte che devono essere fatte non sono, ovviamente, del genere che possa essere lasciato a dei tecnici non eletti.

Note:

1Citato da www.youtube.com/watch?v═ticXF2h3ypc. New York Times, 9 aprile, con una formulazione leggermente diversa.
2 In un caso, a quanto pare, non così misera (pare 190 milioni!).
3 Per una discussione su questo, vedasi CEPR Policy Insight 23.
4 Questo obiettivo è una delle eredità del Monetarismo. Storicamente, le banche centrali si sono sviluppate per garantire la stabilità del credito.

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