03/02/11

La Crisi Europea del Debito – Seconda Parte

Dal sito www.eurointelligence.com  una analisi approfondita  sulla gestione UE/FMI della crisi del debito -  di Satyajit Das 

Nella seconda parte della serie, l'autore argomenta che, in assenza di un meccanismo di sostegno permanente, il default o la ristrutturazione sono l'esito più probabile. 

Satyajit Das, autore di "Traders, guns and money: Knowns and Unknowns in the Dazzling World of Derivatives"
Buona lettura:

 
Malattie contagiose 
 
I politici europei ed i banchieri centrali hanno fornito utili precisazioni di tipo geografico. Prima di soccombere all'inevitabile, l'Irlanda ha fatto presente a tutti di non essere la Grecia. Il Portogallo ora sta dicendo a tutti di non essere è né la Grecia né l'Irlanda. La Spagna insiste di non essere la Grecia, l'Irlanda o il Portogallo. L'Italia dice di non essere tra i "PIGS". Il Belgio insiste che non c'è la "B" nei " PIGS" o " PIIGS". 

Le pressioni della UE sull'Irlanda perché accettasse un "aiuto esterno" intendevano salvaguardare la stabilità finanziaria nell'euro zona, prima ancora che salvare Irlanda. Tuttavia, il contagio è difficile da evitare. 

Lo scrittore russo Leo Tolstoy ha scritto che: "Tutte le famiglie felici si assomigliano, ma ogni famiglia infelice è infelice a modo suo." Lo stesso si addice ai paesi europei in crisi. 

La Grecia ha un settore pubblico pletorico e un'economia non competitiva sostenuta dai bassi tassi di interesse dell'euro. L'Irlanda ha sofferto di un'eccessiva dipendenza dal settore finanziario, di scarsità di credito, di una bolla immobiliare e di uno stato sociale sempre più generoso. Il Portogallo ha una crescita lenta, bassa produttività, grandi disavanzi di bilancio e scarso risparmio nazionale. La Spagna ha una scarsa produttività, alta disoccupazione, un mercato del lavoro rigido e un sistema bancario con grandi esposizioni sul settore immobiliare e verso i debiti sovrani europei. L'Italia ha una scarsa crecita, bassa produttività e stretti legami con le altre economie europee periferiche. L'Italia recentemente ha cominciato a mettere un freno al suo disavanzo di bilancio. Il sistema bancario italiano è relativamente sano, ma esposto sul debito sovrano europeo. Il Belgio è in realtà formato da due gruppi etnici che condividono un re e gli alti livelli del debito (circa 470 miliardi di euro, 100% del P.I.L.). 


Il Portogallo, l'Irlanda, la Grecia ed il Belgio sono inoltre economie di piccole dimensioni, il che aumenta i rischi degli investitori. Hanno in comune livelli molto alti e potenzialmente insostenibili di debito. Inoltre buona parte del loro debito è in mano a investitori stranieri. 

Il contagio si trasmette attraverso diversi canali. I costi crescenti del prestito rendono gli alti livelli di debito sempre più insostenibili, a causa del costo degli interessi. Alla fine, i paesi perdono l'accesso alle fonti di finanziamento del mercato, cosa già accaduta in Grecia ed in Irlanda. Alla fine del 2010, il costo dei finanziamenti in alcuni casi era arrivato a livelli punitivi. Il debito greco si sta vendendo intorno al 12%, quello irlandese a circa il 9.50%. Il Portogallo intorno al 6.60%. Il debito spagnolo ora si vende a 5.50-6.00%, mentre l'Italia sta vendendo vicino al 5.00%.

L'aumentare dei rendimenti porta come risultato delle potenziali perdite per i detentori dei titoli di debito. Se il sostegno del FMI/UE non è disponibile ed il debito è ristrutturato o si va al default, questa perdita potenziale si realizza. Questo inficia la redditività e potenzialmente la solvibilità degli investitori o delle banche, secondo il "quantum" dell'esposizione e la entità delle perdite.

In totale, le banche hanno prestato oltre 2.200 miliardi di dollari ai PIIGS. Le banche francesi e tedesche hanno prestato rispettivamente intorno ai 510 miliardi le prime e 410 miliardi le seconde. Le banche britanniche ha prestato 324 miliardi all'Irlanda ed alla Spagna. Il problema è complicato dai complessi finanziamenti incrociati. La Spagna, che può avere bisogno del contributo finanziario, ha 98.3 miliardi di esposizione verso il Portogallo, oltre a un'esposizione di 17.7 miliardi in Irlanda. 

Il rischio di perdite è non solo sul debito sovrano, ma anche sempre più su normali ipoteche e prestiti, colpiti dalle profonde recessioni di queste economie. 

Nel dicembre 2010, la banca Lloyds dei Britannici ha aumentato gli oneri per perdite di valore dei debiti a 4.3 miliardi di sterline all'anno, quasi il 30% in più del previsto, segnale di un aumento brusco degli oneri sul suo portfolio irlandese. Lloyds ha subito nel primo semestre una svalutazione di 1.5 miliardi di sterline sui prestiti irlandesi ed ha segnalato perdite simili a metà del secondo semestre. L'annuncio ha fomentato le preoccupazioni circa la RBS, che ha la più alta esposizione sull' Irlanda fra le banche britanniche. 

L' ultimo canale di trasmissione è meno evidente. Laddove i paesi più forti si muovono per sostenere i paesi più deboli, i salvataggi si ripercuotono sulla qualità del loro credito e sulla loro capacità di raccogliere fondi. Come aumentano le preoccupazioni sui paesi periferici, aumentano i tassi di interesse per la Germania e la Francia, deputati a sopportare il peso del sostegno degli altri,. L'Europa assomiglia sempre più ad un gruppo di alpinisti legati in cordata. Come cadono uno dopo l'altro, la sopravvivenza di quelli più forti è sempre più minacciata. 

I leaders europei vedono i mercati come la causa dei problemi. George Papandreou, Primo Ministro della Grecia, ha parlato di " terrorismo" psicologico da parte dei traders. Il commissario UE Michel Barnier ha protestato che i traders "stavano facendo soldi sulle spalle dell'infelicità della gente". Altri hanno incolpato variamente il "branco di lupi" nei mercati , gli hedge funds e le agenzie di ratings. Ma i livelli insostenibili di debito rimangono il cuore del problema. 

Pietanze sgradevoli 
 
L'UE ed il FMI stanno sperando che i salvataggi della Grecia e dell'Irlanda ristabiliscano la fiducia del mercato. Congiuntamente ad una più forte crescita, a una maggior disciplina fiscale ed alle riforme strutturali interne, sperano che il timore del default o della ristrutturazione retrocedano. Alla fine, i paesi inguaiati riguadagneranno l'accesso ai mercati. Gli strumenti di emergenza ed i meccanismi di sostegno saranno gradualmente abbandonati. Benché non sia impossibile, la probabilità che questo scenario si realizzi è minima. 

Uno scenario più probabile è che le misure di sostegno non funzionino, e il Portogallo e la Spagna, per cominciare, si troveranno sempre più sotto assedio. Come l'accesso al mercato si chiude, avranno bisogno di prestiti superiori alle disponibilità attuali, cosa che renderà necessarie nuove misure. Se il Portogallo (debito intorno 180 miliardi di euro) dovrà richiedere assistenza, si ridurranno i fondi disponibili per l'attuale meccanismo di bail-out dell'UE. La Spagna (con un debito sopra i 950 miliardi di euro) è semplicemente troppo grande da salvare con gli strumenti attuali.

Nell'ambito di un tale scenario, le opzioni a disposizione sarebbero o una maggior integrazione economica dell'UE, o l'estensione delle disposinibilità attuali, o la decisione di permettere il fallimento dei paesi indebitati. 

La maggior integrazione economica richiederebbe l'adozione di una politica fiscale comune, comprendente rigorosi controlli sulla politica fiscale compresa la tassazione e la spesa. Potrebbe anche comprendere l'emissione di "E-Bonds" per finanziare gli Stati membri. Sostenuti da Jean-Claude Juncker, il Primo Ministro del Lussemburgo e presidente dell'Ecofin, gli E-Bonds abbasserebbero i costi del prestito per le economie periferiche e faciliterebbero l'accesso ai mercati.

L'unione fiscale impedirebbe il default dei paesi sovraindebitati senza necessariamente affrontare i problemi fondamentali delle singole economie. La probabilità di una maggior unione fiscale a breve scadenza è limitata, poichè è improbabile che le nazioni rinuncino ai poteri in campo economico economico e all'autonomia nella misura che sarebbe richiesta. 

La proposta degli E-Bonds, fino a 50% delle necessità di finanziamento degli Stati, sembra ingestibile date le grandi differenze nella qualità del credito e nei tassi di interesse fra i membri della zona euro, che arrivano a circa il 10%. La struttura di sostegno degli E-Bonds riesumerebbe lo sfortunato EFSF su una più vasta scala. 

Comunque, secondo il punto di vista della Germania i governi nazionali dovrebbero avere la responsabilità delle loro proprie decisioni. La Germania si oppone agli E-Bonds anche perchè aumenterebbero i costi del suo prestito. L'entusiasmo iniziale della Francia per gli E-Bonds sembra diminuire. 

Il costo di una piena unione fiscale è proibitivo, richiede fra 340 miliardi e 800 miliardi di euro, a seconda della misura degli squilibri fiscali. E molto di questo costo dovrebbe essere sopportato dalla Germania e dalle altre economie più ricche. 

Se il Portogallo e la Spagna incontreranno veramente problemi, allora in assenza di una piena unione fiscale le uniche azioni disponibili sono o un ulteriore sostegno della UE o il default. 

Ci sono state proposte per espandere il EFSF/ESM secondo necessità. Benché la Germania si sia opposta all'espansione, essa rimane un'opzione. Ma in modo perverso, aumentare il finanziamento disponibile per sostenere i paesi inguaiati potrebbe segnalare che i problemi sono imminenti, con una conseguente perdita di fiducia, che renderebbe necessario il salvataggio. 

La BCE può aumentare il sostegno, sotto forma di gli acquisti dei bonds o di finanziamento alle banche della zona euro per comprarli. Cosa interessante, la BCE aumenterà il suo capitale da 5.76 miliardi a 10.76 miliardi di euro dalla fine del 2012, il primo aumento nella sua storia lunga 12 anni. L'aumento di capitale permette un maggior supporto dalla BCE, e fornisce riserve contro eventuali perdite. 

In uno scenario estremo, la BCE potrebbe semplicemente stampare moneta, seguendo l'esempio della Fed, per sostenere i paesi membri, con quelli che tecnicamente sono chiamati "acquisti non sterilizzati". Tale azione non può essere ammissibile secondo le regole attuali, e richiederebbe delle modifiche ai trattati UE. Danneggerebbe anche severamente la credibilità già attenuata della BCE, e incontrerebbe la resistenza della Germania e degli altri paesi conservatori.
Misure del tipo "Estendere gli aiuti ma pretendere" permetterebbero col passare del tempo una ristrutturazione o un default ordinato del debito da parte di alcuni paesi. Minimizzerebbe le perdite, controllando la sincronizzazione e la forma della ristrutturazione. Inoltre minimizzerebbe la rottura con i mercati finanziari e i problemi di solvibilità per gli investitori e le banche fortemente esposti. 

Ma se l'UE non acconsente all'unione fiscale o a continuare il sostegno, la pressione su Portogallo, Spagna, Italia e Belgio, può raggiungere un punto critico, con default e ristrutturazioni come esito probabile. 

Presumibilmente, i programmi attuali, come quelli per la Grecia e l'Irlanda, sarebbero sospesi. I governi annuncerebbero la moratoria del debito, dichiarando default almeno su alcuni debiti e forzando le svalutazioni. Seguirebbe un effetto domino di default all'interno di Europa. 

I defaults interesserebbero i bilanci delle banche, e potenzialmente i governi potrebbero essere forzati, particolarmente in Germania, in Francia e nel Regno Unito, a iniettare capitali e liquidità nelle loro banche per assicurarne la solvibilità. Le nazioni più ricche ancora dovrebbero pagare, ma questa volta per ricapitalizzare le loro banche, invece che per gli altri paesi.


2 commenti:

  1. fatto l'euro, ora s'ha da fare l'europa.
    non c'è la mezza misura: o il sogno o la guerra!

    con la germania unita non ci potrà che essere guerra.

    in bocca al lupo

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  2. Caro anonimo, secondo me il sogno lo metteranno in lavorazione, "a piccoli passi", come hanno fatto tutto sinora...
    Ma unire l'Europa e tutta la politica fiscale sotto la bandiera del monetarismo, con vincoli costituzionali per il pareggio di bilancio, ...non mi pare la cosa giusta per i popoli europei!
    Certo, a vedere questi della casta verrrebbe voglia di tagliare la spesa pubblica di almeno il 50%!!!!...ma rischiamo, come si dice, di buttar via il bambino con l'acqua sporca: mettere il lucchetto alla spesa (che se usata bene potrebbe far ripartire il paese) perché è in mano ai banditi della politica. Intanto però i banditi delle banche e delle istituzioni finanziarie continuano indisturbati, e guadagnano.
    Condivido l'"in bocca al lupo"

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